La pratica tradizionale del Dao Yin- Qi Gong come prezioso strumento di prevenzione medica ed auto-coltivazione personale
All’interno della visione che la antica tradizione taoista cinese ha dell’essere umano e della sua relazione col cosmo celeste e con la natura terrestre, in cui egli appare come elemento fondamentale di riferimento, Dao Yin è il nome antico dato ad una serie davvero numerosa di pratiche psico-corporee e respiratorie oggi conosciute con il termine moderno di Qi Gong e volte alla armonizzazione delle dinamiche organiche, dalle più “grossolane” a quelle più “sottili”, nel senso di una vera e propria arte di “nutrire la vita”, Yang Sheng. Questa armonizzazione viene operata a partire da un complesso sistema che mostra, in un’epoca così remota, una conoscenza davvero stupefacente di quelli che per noi moderni sono i dati acquisiti della fisiologia e della patogenesi. Le funzioni dei vari organi, che ricalcano solo in parte quelle degli stessi nella visione moderna, si ampliano ad interessare aspetti che noi considereremmo pertinenti all’ambito psicologico ed emozionale. E’ una visione in cui ritroviamo, come ho già avuto modo di delineare in un precedente articolo, le basi di una autentica concezione psico-somatica dell’uomo e delle sue malattie.
L’armonia nei processi di funzionamento interni viene considerata strettamente correlata a quella con le variazioni del mezzo ambiente in cui l’uomo vive la sua esistenza, ambiente naturale ed anche umano, ambiente che nutre ma anche “sfida” l’uomo che lo percorre. La conoscenza di queste dinamiche e delle loro possibili disarmonie apre la porta a molteplici vie di trattamento di queste ultime e a più livelli, dalle terapie vere e proprie attraverso l’agopuntura e la moxa (riscaldamento più o meno localizzato dei punti di agopuntura sulla superficie corporea), dalle terapie fisiche di massaggio e manipolazione corporea (Tuina), dalla cura dell’alimentazione secondo principi molto raffinati di abbinamento e di preparazione-conservazione degli alimenti a seconda della stagione.. fino alle pratiche ed agli esercizi cui si è accennato in apertura dell’articolo. Si tratta di esercizi che , come per la antica tradizione yogica dell’India, posseggono la capacità di modificare gli equilibri energetici interni secondo modalità specifiche che possono quindi configurare una sorta di indicazioni terapeutiche per gli stessi. L’attenzione data al rapporto dei movimenti con la respirazione, in particolare in alcune pratiche in cui il lavoro con il soffio rappresenta l’aspetto principale della dinamica dell’esercizio, rende particolarmente interessante l’effetto di regolazione sul ritmo cardio-respiratorio e sulla sua possibilità di influire sul tono vagale, e sappiamo tutti quanto questo sia determinante nella genesi delle patologie correlate allo stress le quali rappresentano una quota veramente vasta ed incisiva per il compito di tutela della salute umana, sia terapeuticamente parlando che dal punto di vista della prevenzione.
Quest’ultimo in particolare risulta cruciale visti i costi sempre più elevati nel gestire farmacologicamente e strumentalmente le patologie una volta che si siano instaurate. Un testo fondamentale della letteratura medica classica cinese recita: “è tardi aspettare a forgiare armi quando il nemico è alle porte o iniziare a scavare un pozzo quando si ha sete” e questo è da sempre il principio fondante di quel sapere medico, volto a curare ma soprattutto a mantenere la salute ed accrescerla quando possibile.
Tutte le forme di terapia tradizionale citate possono essere impiegate a scopo preventivo poiché sempre e comunque è il ripristino di un equilibrio interno, dinamico ed armonico, l’obiettivo di entrambi gli approcci . Per quanto riguarda più specificamente gli esercizi psico-corporei, con i quali giova senz’altro considerare la pratica della meditazione, abbiamo a disposizione, giunti fino a noi attraverso una tradizione ininterrotta,esercizi tratti dalle serie più antiche di cui ci sia arrivata testimonianza: da quella di 24 esercizi “…sull’accumulazione e dispersione dell’acqua e del fuoco secondo i 24 soffi….attribuiti al maestro taoista Chen Xiyi delle cinque dinastie..” *, al “Gioco dei Cinque Animali”, attribuito al sommo medico Huatuo (142-219 D.C), alla serie degli “Otto pezzi di broccato” *, la cui prima descrizione data del 1250 D.C., e molti altri ancora, anche di più recente elaborazione.
La pratica regolare di questi esercizi ha mostrato, anche alla luce della ricerca scientifica moderna, una importante varietà di benefici a carico di tutti i sistemi e gli apparati corporei ed un effetto significativo sul corteo di modificazioni organiche e sintomatologie correlate con uno stato di stress cronico.
Si tratta di un quadro che giustifica senza dubbio il considerare di potersi avvicinare ad un lavoro che nel corso dell’anno si snodi come un percorso di auto-coltivazione secondo il lascito di quell’ antico sapere medico aperto alla globalità dell’esistenza oltre che all’ ambito preventivo-terapeutico , che pur tuttavia comprende ed ingloba. La perdita del contatto diretto con le trasformazioni della natura, della sua energia in cui siamo , sia pure inconsapevolmente immersi, il sovvertimento dei nostri ritmi da parte di stili di vita ora super-adattati ad esigenze estranee al nostro benessere, ora disgregati e desincronizzati rispetto a quelli naturali e profondamente intaccati da uno stato di tensione cronica e dagli stili di vita ed alimentari che cercano una impossibile compensazione, tutto questo insieme di fattori rappresenta il terreno su cui l’invecchiamento precoce e le malattie vengono nel tempo a prendere piede. L’antica tradizione cinese ci offre una visione di fondo in cui l’essere umano ritrova interamente la qualità profonda del suo essere e si riconnette alla propria natura profonda . L’esercizio corporeo si mostra qui come via di consapevolezza ed occasione di apertura ad un rilassamento profondo che non evita i nodi di tensione, a volte segno di memorie antiche, ma li accoglie con animo neutro nell’ascolto, fino a permettere la loro trasformazione e liberazione in energia nuovamente disponibile. Oltre a ciò l’ esperienza del silenzio in meditazione, come durante l’esecuzione del lavoro corporeo, configura insieme a quest’ ultimo un modo di incontrare se stessi ed il proprio vivere al di fuori del già conosciuto, di ciò che diamo per scontato, di aprirci ad una consapevolezza nuova e profonda del nostro vivere.
* (tratto da “La moelle du phenix rouge” di Catherine Despeux- Tredaniel ed. 1988. trad. personale)
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